Dossier n. 36/1998 - Come rispondere alle 100 domande più frequenti negli screening del tumore della mammella. Vademecum per gli operatori di front-office
- Descrizione/Abstract:
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Gli screening oncologici sono interventi di sanità pubblica di grande impegno e larga diffusione. L’Emilia Romagna ha attivato programmi in tutte le aziende sanitarie, mirati al tumore della mammella e del collo dell’utero. In Toscana, soprattutto a Firenze, e a Torino vi sono esperienze di lunga data. Programmi importanti sono in corso in altre aree del paese.
Giustamente una crescente attenzione è riservata alla qualità delle tecnologie utilizzate negli screening. Per la loro buona riuscita è decisivo anche il comportamento dei soggetti coinvolti e il mantenimento di relazioni di fiducia fra tutti.
Nella maggioranza dei casi non vi è ancora la convinzione che la comunicazione e il consenso informato siano elementi fortemente correlati con i valori, il funzionamento e il successo dei programmi di screening. Di conseguenza questi aspetti non ricevono la cura e gli investimenti di competenze e risorse di cui ci sarebbe bisogno. Diverse esperienze in questo senso sono state realizzate, ma in maggioranza hanno avuto carattere sporadico e hanno riguardato prevalentemente le fasi di avvio dei programmi. Inoltre esse sono state spesso delegate ad esperti della comunicazione e del marketing, senza una sufficiente attenzione per i contenuti dei messaggi proposti e per il ruolo degli operatori tecnici coinvolti.
La “comunicazione” è qui considerata come l’insieme delle relazioni e dei flussi informativi che legano i soggetti coinvolti nei programmi di screening. Si vuole usare in questo modo un solo termine, comprensivo di diversi aspetti: l’informazione, l’educazione alla salute, le campagne di comunicazione di massa, le relazioni interpersonali, ecc.
Il Centro di documentazione per la salute (CDS) di Bologna, il Centro per lo studio e la prevenzione oncologica (CSPO) di Firenze e il Centro di riferimento regionale per l’epidemiologia e la prevenzione dei tumori (CPO) di Torino hanno avviato su questi temi un´intensa collaborazione, che ha visto coinvolti numerosi studiosi ed esperti di diverse professionalità direttamente impegnati sul campo.
La prima tappa di questo impegno è stata la predisposizione di una “Proposta di linee guida sui processi comunicativi negli screening del tumore del collo dell’utero e della mammella” che è stata pubblicata nella Collana Dossier (n. 33) della Regione Emilia Romagna - CDS. Si tratta di un documento d´indirizzo per la progettazione, la realizzazione e la valutazione delle azioni comunicative. A questo importante documento si rimanda, tra l’altro, perché vi sono descritti i valori fondamentali sui quali i programmi di screening si devono basare.
Durante la preparazione delle “Linee guida” è emerso con chiarezza che le fasi e i momenti in cui avviene una comunicazione nell’ambito dei programmi di screening sono diversi (vedi tabella).
Uno dei momenti più critici, tuttavia, è il primo incontro delle donne con l’organizzazione che propone il programma di screening.
Questo momento è caratterizzato, di solito, da una grande varietà di domande. Spesso sono domande semplici, di carattere informativo, sulla sede o sugli orari. A volte sono domande più complicate, che cercano spiegazioni sul perché lo screening riguarda solo alcune donne o sulle modalità del test. È possibile anche che siano poste domande più delicate, che riguardano situazioni personali, preoccupazioni, paure.
L’obiettivo fondamentale da raggiungere è che a tutte le donne interessate possano arrivare gli elementi necessari per comprendere e per adottare consapevolmente le proprie decisioni.
Nelle fasi iniziali dei programmi, anche per le campagne di sensibilizzazione che di solito li accompagnano, il numero delle donne interessate è elevato e si deve organizzare un adeguato sistema di front-office. Per questo è necessario l’impegno di molti operatori, spesso con professionalità diverse (assistenti sanitarie, ostetriche, infermieri professionali, personale amministrativo e tecnico, tecnici di radiologia, medici, volontari), che raramente hanno avuto una formazione specifica. Ci si basa, in pratica, quasi sempre sul buon senso, sulle competenze e sulla disponibilità degli operatori coinvolti.
Questi operatori giocano più ruoli perché, oltre ad offrire consulenza rispondendo alle domande che vengono loro rivolte, hanno anche un loro compito professionale, rappresentano i valori e l’immagine dell’ente che offre il programma di screening e svolgono una funzione di filtro tra l’utente e le altre figure professionali coinvolte.
Il front-office è, quindi, una fase specifica del processo informativo e uno dei momenti critici dell’intera organizzazione dello screening. Pienamente consapevoli della sua importanza, non si è voluto entrare negli aspetti organizzativi, perché dipendenti da troppe variabili locali. Si è puntato, piuttosto, a predisporre uno strumento utile per tutti gli operatori impegnati a rispondere alle donne interessate, per telefono o direttamente nei centri.
Indirizzati dai risultati positivi che molti siti Internet hanno ottenuto, si è lavorato secondo la logica delle frequently asked questions (FAQ - le domande più frequenti) con l’intento di dare risposte scientificamente corrette, di favorire la soluzione dei problemi più significativi e di promuovere un approccio uniforme tra le diverse realtà.
A questo fine un Gruppo di lavoro, coordinato dal Centro di documentazione per la salute, ha:
- raccolto, selezionato e organizzato secondo uno schema logico le domande che vengono proposte con maggiore frequenza dalle donne coinvolte nei programmi di screening del tumore del collo dell’utero e della mammella già avviati in Emilia Romagna;
- raccolto le indicazioni contenute nei materiali informativi, in particolare gli opuscoli, già esistenti;
- formulato le risposte alle diverse domande e individuato consigli e suggerimenti per gli operatori;
- predisposto due documenti con la medesima impostazione (Vademecum), dedicati rispettivamente agli operatori impegnati nei programmi di screening del tumore del collo dell’utero e della mammella;
- sottoposto la versione preliminare dei due Vademecum ad una verifica sul campo in diverse situazioni locali e alla revisione da parte di alcuni esperti.
Nelle pagine che seguono si troveranno, quindi, le domande (non sono in realtà proprio 100, ma potremmo arrivarci) con le relative risposte, organizzate secondo il seguente schema:
1. Perché aderire allo screening
2. Come aderire allo screening
3. [Contro] indicazioni per eseguire lo screening
4. Preparazione all’esame
5. Esecuzione dell’esame
6. Risposta all’esame
7. Intervallo e nuova chiamata
8. Termini poco chiariLe risposte sono formulate con un linguaggio semplice che non prevede necessariamente competenze di tipo medico, ma non sono comunque rivolte direttamente alle utenti. Si presuppone, infatti, che gli operatori usino questo strumento come una guida e una integrazione alle loro capacità e alle conoscenze che già possiedono.
Oltre alle risposte, si possono trovare, a volte, note per gli operatori che rinviano ad informazioni di carattere locale o a protocolli specifici, oppure note esplicative su aspetti critici della risposta, suggerimenti o avvertimenti. Questo strumento, infatti, non riesce a prendere in considerazione tutte le diverse situazioni che esistono o che possono verificarsi.
Riuscire a raccogliere tutti i possibili quesiti rilevanti e, soprattutto, formulare risposte pertinenti, scientificamente corrette, semplici e chiare è molto più arduo di quanto si pensi. Il risultato che viene qui presentato è certamente ancora incompleto ed imperfetto. Il Vademecum non può essere considerato, quindi, uno strumento rigido, ma deve essere adattato alle esigenze e ai bisogni comunicativi dei due attori della relazione.
Un volumetto analogo dedicato allo screening del tumore del collo dell´utero è pubblicato come n. 35 di questa stessa Collana Dossier.
- Data di pubblicazione:
- 02/02/1998
- Tipo di pubblicazione:
- rapporti, linee guida, documenti tecnici
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