Dossier n. 63/2002 - Infezioni ospedaliere in ambito chirurgico. Studio multicentrico nelle strutture sanitarie dell'Emilia-Romagna
- Descrizione/Abstract:
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STAMPA ESAURITA
Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 indicava la prevenzione e controllo delle infezioni ospedaliere come uno degli obiettivi prioritari di salute da raggiungere nel triennio, realizzando la riduzione del 25% delle infezioni associate a procedure invasive; tra le infezioni maggiormente prevenibili in ospedale vi sono quelle post-operatorie. Poiché non erano disponibili dati epidemiologici specifici, la Regione Emilia-Romagna e il Gruppo regionale degli Infermieri addetti al controllo delle infezioni (ICI) hanno condotto nel 2000 uno studio multicentrico mirato a quantificare la frequenza di infezioni ospedaliere in area chirurgica a livello regionale.
Materiali e metodi
Lo studio è consistito in un’indagine prospettica della durata di almeno un mese (in alcune Aziende la durata dello studio è stata superiore).
Sono stati inclusi tutti i pazienti sottoposti a intervento chirurgico nei reparti partecipanti e rispondenti a specifici criteri di inclusione (singolo accesso in sala operatoria, incisione di almeno cute o mucose, chiusura in prima istanza della ferita, ricovero in regime ordinario o day surgery).
Per la definizione dei criteri di inclusione si è fatto riferimento al protocollo del National Nosocomial Infection Surveillance System (NNIS) statunitense, in modo da poter operare confronti.
Gli esiti di interesse sono stati rappresentati dalle infezioni ospedaliere localizzate alla ferita chirurgica, le sepsi, le polmoniti e le infezioni delle vie urinarie.
I pazienti sono stati seguiti durante il ricovero e dopo la dimissione per almeno 1 mese, e per 1 anno nel caso di interventi con inserzione di protesi.
La rilevazione dei dati è stata effettuata da figure mediche e infermieristiche, appositamente addestrate, designate dai responsabili delle diverse UO. È stata utilizzata una scheda di rilevazione che conteneva informazioni sulle caratteristiche anagrafiche e cliniche del paziente, caratteristiche dell’intervento chirurgico, profilassi antibiotica, procedure invasive eseguite, eventuale insorgenza di infezioni, follow-up del paziente dopo la dimissione.
Quest’ultimo è stato realizzato con una scheda consegnata al paziente alla dimissione, che questi doveva portare con sé e far compilare dal medico curante in occasione di ciascuna visita ambulatoriale e rispedire tramite busta pre-affrancata, e con telefonata a domicilio a 30 giorni dall’intervento.
Per poter effettuare confronti dei tassi di infezione che tenessero conto dell’effetto di confondimento dovuto alla diversa complessità e rischio di contaminazione endogena dell’intervento chirurgico e alla gravità clinica dei pazienti, si è utilizzato l’ Infection Risk Index proposto dal NNIS. Per valutare la rappresentatività dei dati rispetto all’attività chirurgica regionale, è stato effettuato un confronto con gli interventi eseguiti in tutte le Aziende durante il periodo dello studio tramite la banca dati SDO. Per l’analisi dei dati sono stati utilizzati i pacchetti statistici Epi-Info e SPPS 9.0.
Risultati
Sono stati studiati in totale 6.167 interventi chirurgici, che rappresentano globalmente il 37% degli interventi chirurgici inclusi nel protocollo di indagine, eseguiti dalle Aziende sanitarie della regione Emilia-Romagna durante il periodo di studio. L’indagine è stata condotta nelle diverse Aziende nel periodo compreso fra il mese di marzo 2000 e il mese di febbraio 2001; più del 70% degli interventi è stato reclutato nei mesi di aprile e maggio 2000. La proporzione mediana di Unità operative chirurgiche incluse per ogni singola Azienda rispetto a quelle presenti è pari a 86%, con una variazione da 28,6% a 100%. Il follow-up post-dimissione è stato correttamente completato nel 94,5% degli interventi studiati, con una variazione da 77% a 100% nelle diverse Aziende.
In totale sono stati studiati 6.158 pazienti (9 pazienti sono stati sottoposti a due interventi nella stesso episodio di ricovero): 5.482 pazienti (89%) sono stati ricoverati in regime ordinario e 676 (11%) in regime di day hospital. L’età mediana dei pazienti studiati è 57 anni (variazione 1-97 anni); la durata mediana di degenza è di 4 giorni (variazione 0-363 giorni); la durata mediana della degenza pre-operatoria è di 1 giorno (variazione 0-274 giorni).
In totale sono state riscontrate e incluse nell’analisi 290 infezioni, per una frequenza di infezione pari a 4,7/100 interventi sorvegliati. Le infezioni del sito chirurgico sono state 206 (71%), di cui 97 (47,1%) rilevate durante il ricovero e 109 (52,9%) dopo la dimissione; l’incidenza di infezioni del sito chirurgico è risultata essere pari a 3,4/100 interventi. Le 40 infezioni delle vie urinarie rilevate rappresentano il 14% di tutte le infezioni ospedaliere; l’incidenza di infezioni delle vie urinarie per 100 interventi è risultata pari a 0,65 e a 0,29 per 100 giornate di cateterismo urinario. Sono state inoltre rilevate 22 polmoniti e 22 sepsi, che rappresentano ciascuna il 7,7% delle infezioni riscontrate: l’incidenza di polmoniti e di sepsi per 100 interventi chirurgici è pari a 0,36. L’incidenza di sepsi è stata pari a 0,11 per 100 giornate di esposizione a catetere vascolare periferico e a 0,41/100 giornate di esposizione a cateterismo venoso centrale.
L’incidenza di infezione del sito chirurgico aumenta proporzionalmente all’aumentare dell’ Infection Risk Index, da 1,9% nella classe di rischio 0 a 21,3% nella classe di rischio 3. Analogamente, l’incidenza varia in ragione del tipo di intervento, da 0% nelle nefrectomie e nelle riduzioni di ferite aperte a 14,1% nella chirurgia del colon. Il confronto tra i dati rilevati nell’ambito dello studio regionale e quanto riportato dal NNIS, standardizzando per Infection Risk Index, mostra una frequenza di infezioni significativamente più elevata nello studio regionale rispetto a quanto riportato dal NNIS (NNIS, 2000) per diverse categorie di intervento, tra le quali chirurgia del colon, riparazione d’ernia, appendicectomia, colecistectomia, chirurgia gastrica, chirurgia vascolare, isterectomia addominale, prostatectomia, interventi sui tegumenti.
L’analisi dei fattori di rischio in un modello di regressione logistica ha evidenziato come fattori associati in modo indipendente a un maggiore rischio di infezioni della ferita chirurgica: l’ Infection Risk Index; la classe di intervento; l’essere ricoverati in un reparto di chirurgia plastica, chirurgia generale o chirurgia vascolare; l’esposizione a drenaggio chirurgico aperto per più di 5 giorni; l’essere ricoverati in un’Azienda diversa dalle tre che presentavano il rischio di infezione più basso. Né l’età del paziente, né la degenza pre-operatoria sono risultati fattori associati in modo indipendente a un aumento del rischio di infezione della ferita chirurgica.
Su 6.167 interventi studiati, in 4.946 casi è stato somministrata profilassi antibiotica per l’intervento chirurgico. La frequenza mediana di profilassi chirurgica antibiotica è pari all’81% con una variabilità da 67% a 97% nelle diverse Aziende. Considerando come standard la somministrazione dell’antibiotico al momento dell’induzione dell’anestesia, in 2.120 casi (42,9%) il momento di inizio non è conforme a quanto raccomandato (in 264 casi la somministrazione viene addirittura iniziata dopo l’intervento, ponendo il paziente a rischio di infezione).
Nel 42,6% dei casi la somministrazione non è conforme alla short term prophylaxis, in quanto viene continuata per più di 24 ore: in questi 2.108 casi, la mediana della durata è 4 giorni con un range che va da 1 a 90 giorni. La proporzione di interventi trattati è elevata anche nella classe di interventi puliti (74%) con un range che va da 61% a 96% nelle diverse Aziende.
Discussione
Per la maggior parte degli interventi studiati, la frequenza di infezioni del sito chirurgico è risultata essere significativamente più elevata rispetto a quanto riportato dal sistema di sorveglianza statunitense. L’ipotesi che le differenze osservate in termini di infezioni siano reali è sostenuta dal fatto che l’eccesso di rischio si rileva anche quando si selezionano i pazienti in buone condizioni cliniche e che vengono sottoposti a interventi a basso rischio (pazienti con IRI uguale a 0 o addirittura uguale a -1). Il rischio di contrarre un’infezione della ferita chirurgica sembra essere più elevato rispetto ai dati statunitensi sia a livello regionale sia a livello delle singole Aziende.
Il confronto con i dati della regione Friuli Venezia Giulia mostra invece una sostanziale sovrapponibilità della frequenza di infezione della ferita chirurgica, anche se il confronto è stato operato sui soli tassi grezzi di infezione, e non è quindi possibile escludere differenze nel case-mix delle due popolazioni a confronto.
La frequenza di altre infezioni ospedaliere, e in particolare di polmoniti e infezioni urinarie, è risultata essere più bassa di quella attesa sulla base dei dati riportati in letteratura. La frequenza più bassa di infezioni osservata per qu este due localizzazioni può essere attribuita a un effettivo minor rischio o a una sottostima/sottodiagnosi delle infezioni: per verificare quale di queste due ipotesi sia reale si dovrebbero condurre indagini specifiche.
Lo studio ha rilevato una scarsa aderenza agli standard per quanto concerne le indicazioni alla chemioprofilassi, il momento di inizio, la durata e in parte anche il tipo di antibiotico somministrato. Tutto ciò configura un eccessivo ricorso alla antibioticoprofilassi, sia perché l’antibiotico viene somministrato a pazienti che non necessitano di profilassi, sia perché la somministrazione viene iniziata prima del momento in cui la copertura sarebbe necessaria ed efficace, sia perché viene proseguita quando non è più utile. Oltre che sulla spesa, tutto ciò ha un impatto soprattutto sull’ecologia batterica in ospedale e sul rischio di eventi avversi. Anche in questo ambito appare quindi necessario e urgente avviare interventi mirati a ridurre la somministrazione di antibiotici in pazienti chirurgici, quando il rapporto costo/beneficio di tale pratica non sia stato dimostrato essere favorevole.
Allo scopo di promuovere la diffusione e l’adozione di procedure di buona pratica professionale, clinica e assistenziale, la Regione Emilia-Romagna avvierà con la collaborazione di alcune Aziende programmi pilota di intervento in area chirurgica, con l’obiettivo di razionalizzare l’uso della chemioprofilassi chirurgica e di ridurre il rischio di infezioni post-operatorie attribuibili a comportamenti professionali non corrispondenti agli standard.
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Il Dossier è stato redatto in collaborazione con il gruppo regionale degli Infermieri addetti al controllo delle infezioni ospedaliere (ICI)
- Data di pubblicazione:
- 30/03/2002
- Tipo di pubblicazione:
- rapporti, linee guida, documenti tecnici
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