Dossier n. 90/2004 - La gestione del paziente con tubercolosi: il punto di vista dei professionisti

Descrizione/Abstract:

La tubercolosi (TBC) è una patologia relativamente rara nei paesi industrializzati, mentre continua a rappresentare una causa frequente di sofferenza e di morte nei paesi in via di sviluppo. Negli ultimi due decenni, però, anche nei paesi ricchi il quadro epidemiologico di questa malattia si è profondamente modificato. La tendenza a diminuire si è arrestata e in alcuni casi si è invertita.

Il riconoscimento dell’arresto del trend, la comparsa di cluster epidemici, la diffusione di ceppi multiresistenti ai farmaci hanno stimolato una rinnovata attenzione.

Ciò è avvenuto anche in Emilia-Romagna dove si verificano circa 400 nuovi casi di tubercolosi (circa 10 casi ogni 100.000 abitanti) ogni anno, il 40% circa dei quali tra cittadini non italiani.

Uno studio sulla qualità dell’assistenza realizzato nel 2000 ha evidenziato alcuni rilevanti problemi, in particolare relativi al ritardo con cui si arriva alla diagnosi e all’adozione di regimi di trattamento non standard.

Per approfondire la conoscenza e individuare i problemi principali nella gestione dei pazienti affetti da tubercolosi è stata condotta nel 2002-2003 una ricerca di tipo qualitativo. La ricerca si è basata sull’esperienza dei professionisti coinvolti ed è stata realizzata attraverso focus group.

Hanno partecipato ai focus 39 professionisti provenienti da 22 dei 24 reparti specialistici della regione (pneumologia e malattie infettive) e da 5 servizi territoriali. Sono stati effettuati tre cicli di incontri. I primi due sono stati mirati a rilevare e discutere le criticità e a produrre mappe di problemi relativi rispettivamente alle fasi di diagnosi, trattamento e follow up. L’ultimo ciclo di incontri è stato mirato a indicare possibili soluzioni.

 

Le mappe dei problemi

Il ritardo diagnostico
Le cause principali del ritardo sono state identificate sostanzialmente al di fuori dell’ambito di competenza degli specialisti coinvolti e riguardano gli aspetti strutturali organizzativi (livello di esosistema) e la dimensione culturale-professionale (livello di macrosistema).

  • Il basso grado di sospetto diagnostico: la tubercolosi non fa più parte del bagaglio culturale dei medici, soprattutto per quanto riguarda i medici di medicina generale e gli altri medici specialisti, non pneumologi o infettivologi.
  • La parcellizzazione del percorso diagnostico, soprattutto per le TBC extrapolmonari, dovuta al frequente coinvolgimento di altri professionisti nella gestione della patologia: tutto ciò si declina a livello di macrosistema come scissione delle competenze in materia di TBC, che un tempo si concentravano per lo più nell’unica figura dello pneumologo dispensariale.
  • I quadri clinici complessi e misconosciuti con cui la malattia spesso si manifesta, che contribuiscono a rendere più difficoltosa la diagnosi a livello micro (rapporto con l’utente e le sue caratteristiche peculiari). La difficoltà maggiore è quella di riuscire ad avere la conferma batteriologica della patologia. Anche alcune caratteristiche del paziente influenzano la capacità di diagnosi: nei pazienti anziani è spesso difficile interpretare i segni radiologici a causa della presenza di segni di malattie pregresse; per le persone provenienti da paesi in cui viene fatta la vaccinazione, la Mantoux non ha un buon valore predittivo positivo.
  • La struttura organizzativa, che rispecchiando la segmentazione delle specifiche competenze professionali, non consente un valido coordinamento e la formulazione di strategie comuni per avere in tempi rapidi la conferma diagnostica.

Durante la fase di trattamento
Diversi sono i principali problemi evidenziati nella fase del trattamento.

  • La gestione di specifici pazienti, tra i quali principalmente gli anziani, che sono a più alto il rischio di intolleranze e spesso presentano patologie concomitanti.
  • La farmacoresistenza, frequente soprattutto nella popolazione immigrata.
  • A livello macro (contesto culturale e valoriale), il bisogno di maggiori informazioni e dati sulla farmacoresistenza nei paesi di origine dei pazienti, ma anche sulla gestione della terapia. Secondo gli intervistati, non vi sono chiare indicazioni sulla durata e sulla conclusione della terapia.
  • La difficile applicazione delle linee guida: gli intervistati ritengono che possono essere utilizzate solo come strumento di orientamento generale perché non si adattano alla pratica quotidiana, ben più complessa di quanto viene in esse teorizzato.
  • La gestione del paziente, soprattutto per quanto concerne l’isolamento respiratorio: data la mancanza di letti o di stanze idonee, spesso si ricorre al trasferimento del paziente verso altre strutture, con conseguenti problemi di coordinamento. Secondo gli intervistati mancano criteri di valutazione condivisi rispetto a chi isolare, quando, e per quanto tempo.

Nel follow up
La bassa compliance nel follow up è un problema rilevante in particolare per alcune tipologie di pazienti. Essa riguarda quasi esclusivamente il paziente extracomunitario, che spesso vive in condizioni igieniche precarie e di sovraffollamento, ha problemi di lingua, differenze culturali e di stile di vita. L’appartenenza a gruppi etnici differenti (livello meso) influenza l’adesione.

Per garantire l’adesione, la terapia direttamente osservata (DOT) sarebbe lo strumento più efficace, ma non ci sono le risorse per farla. Per garantire comunque un monitoraggio della terapia vengono attuate altre strategie: appuntamenti frequenti; distribuzione diretta e gratuita del farmaco; restituzione della confezione vuota al momento della consegna dei nuovi farmaci. Vi è inoltre un problema serio di coordinamento tra l’ospedale e il territorio, al momento della dimissione dei pazienti.

Molti partecipanti hanno inoltre richiamato il fatto che è venuto meno l’apporto dell’assistente sanitaria. Era una figura giudicata fondamentale perché da un lato seguiva i pazienti sul territorio facilitando l’adesione e la conclusione della terapia, dall’altro svolgeva funzioni di coordinamento e supporto alle diverse professionalità. È importante anche coinvolgere i servizi sociali, per quei soggetti che non possono contare su risorse materiali (un lavoro e un domicilio certo) e relazionali (famiglia, comunità) in grado di sostenerli nell’iter terapeutico fino alla guarigione. 

 

Le indicazioni operative

Nell’ultima fase degli incontri i partecipanti ai focus group hanno fornito un ventaglio di possibili soluzioni ai problemi identificati, per alcune delle quali è stato richiesto un impegno forte da parte della Regione Emilia-Romagna.

  • Rendere disponibili ai professionisti indicazioni evidence based sulle pratiche diagnostiche, terapeutiche e preventive efficaci a controllare la tubercolosi, attraverso la formulazione e l’aggiornamento di linee guida.
  • Assicurare dati epidemiologici aggiornati sull’andamento della TBC nella regione e nei paesi dai quali provengono gli immigrati, che consentano di identificare in modo informato i gruppi a rischio di tubercolosi e di tubercolosi sostenute da ceppi resistenti ai farmaci antitubercolari. Da questo punto di vista, una delle richieste fatte da parte dei partecipanti ai focus è l’attivazione di un Registro regionale della tubercolosi farmacoresistente: tale Registro è stato effettivamente avviato a partire dall’1 gennaio 2003 e coinvolge tutti i laboratori della regione che effettuano saggi di sensibilità ai farmaci dei micobatteri, e tutti i centri clinici che assistono i pazienti con tubercolosi.
  • Rendere disponibili dati sulla performance dei servizi, che non si limitino al monitoraggio dell’esito del trattamento, ma siano in grado di cogliere anche altre dimensioni della diagnosi, del trattamento e della prevenzione della tubercolosi.
  • Standardizzare moduli formativi indirizzati sia agli specialisti sia ai medici non specialisti per migliorare la capacità di identificare e trattare la tubercolosi in modo tempestivo ed efficace.
  • Programmare interventi di comunicazione del rischio per tutti coloro che possono venire a contatto con pazienti affetti da tubercolosi (case circondariali, centri di prima accoglienza).
  • Pubblicizzare/dare visibilità a esperienze locali, consentendo di diffondere rapidamente in regione risposte efficaci a problemi complessi.
  • Valutare l’operatività dei dispensari funzionali provinciali e identificare eventuali nuovi strumenti organizzativi per garantire il lavoro in rete.

 

Data di pubblicazione:
02/02/2004
Tipo di pubblicazione:
rapporti, linee guida, documenti tecnici
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ultima modifica 2019-01-11T09:54:54+01:00
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