Dossier n. 117/2006 - Dalla Pediatria di comunità all'Unità pediatrica di Distretto

Descrizione/Abstract:

Obiettivi e metodologia

L’esigenza di fondo da cui è partita la ricerca è la ridefinizione e riprogettazione complessiva delle attività della pediatria territoriale con riferimento alla costituzione dell’Unità pediatrica di Distretto (UPD) individuata nel documento attuativo (DGR n. 309/2000) del Piano sanitario regionale 1999-2001 con la finalità di integrare funzionalmente pediatria di libera scelta, pediatria di comunità e altre professionalità che operano nel campo della salute del bambino, anche provenienti dagli Enti locali.

Obiettivi della ricerca erano:

  • costruire una mappa dei significati attribuiti alla Pediatria di comunità e all’Unità pediatrica di Distretto;
  • aggiungere elementi per inquadrare i problemi e le aspettative partendo da vari punti di vista;
  • fornire indicazioni per nuovi orientamenti.

È stata adottata una metodologia di ricerca di tipo qualitativo - l’epistemologia operativa (Fabbri e Munari, Centro internazionale di psicologia culturale di Ginevra), strumento della psicologia culturale - perché era necessario uscire da un pensiero ormai stereotipato e accedere a concetti profondi in modo semplice e piacevole all’interno di una relazione creativa con i soggetti coinvolti.

 Agli intervistati sono state poste domande inattese e sorprendenti che, diminuendo le difese, eliminano l’uso di risposte prefabbricate e portano a riflettere e a cercare nuovi corsi d’azione. 

  

Risultati

Da tutta la ricerca emergono molte indicazioni su cui lavorare, nelle considerazioni degli intervistati, nelle interpretazioni che via via ne sono tratte e in tutte quelle che i lettori  autonomamente faranno.

 Partendo dalla complessità dei bisogni del bambino e della sua famiglia, le elaborazioni prodotte in forma metaforica rilanciano alcuni concetti di fondo:

  • la complessità, intesa come l’inseparabilità degli aspetti sociali, sanitari, educativi, relazionali, affettivi per la comprensione dello sviluppo infantile;
  • l’integrazione dei linguaggi e dei saperi per la ricerca di nuovi significati da scoprire e da studiare insieme all’interno di una nuova partecipazione;
  • la centralità anche del contesto sociale, inteso come comunità che - riappropriandosi dei propri problemi - può contribuire alla presa in carico dei soggetti.
    Perché un bambino cresca occorre tutto un villaggio,
    dice un proverbio africano, esprimendo con semplicità e chiarezza i significati profondi che ruotano attorno alla crescita.

Emerge un forte riconoscimento del ruolo della sfera relazionale e culturale, ma anche la consapevolezza che la società non è più in grado di offrire ai bambini il contesto protettivo e strutturante che la sua crescita sana richiede.

 All’interno di questa falla che si è aperta, quale ruolo possono giocare i servizi e quali percorsi possono essere creati per costruire insieme un pensiero che sorregga l’identificazione dei servizi per l’infanzia? Sembra necessaria una riflessione politica sociale e filosofica più generale per comprendere cosa i servizi devono affrontare nel lavoro concreto. 

 

Quali caratteristiche deve avere l’UPD?

L’UPD non è definibile né strutturabile come un servizio con le modalità classiche; è un’idea complessa, è una grande sfida per affrontare il mondo composito dello sviluppo sano dei bambini.

L’UPD è intesa come “luogo sociale” in cui si elaborano conoscenza e modalità di intervento per aggregare risorse e contrastare i problemi dell’infanzia e dell’adolescenza.

A tutt’oggi però non ci sono modelli da imitare e c’è il rischio di ricadere su modelli tradizionali in contrasto  con le idee innovatrici espresse; bisogna quindi investire nella ricerca di dispositivi organizzativi che rendano possibile il processo di cambiamento.

L’UPD deve ascoltare e raccogliere i bisogni, elaborare dei percorsi e costruire sinergie all’interno della rete dei servizi; deve aderire al contesto, pur mantenendo delle caratteristiche comuni.

L’UPD deve essere collocata all’interno del Dipartimento delle Cure primarie, senza però perdere le specificità che le appartengono quale servizio per l’infanzia e chiarendo il rapporto con i Nuclei di cure primarie. Deve essere un punto di raccordo tra tutto ciò che si muove intorno al bambino, l’ospedale, i servizi sociali, i servizi educativi, i genitori e la società.

E, dentro all’UPD, quale ruolo assumono le due componenti principali, la pediatria di comunità e la pediatria di libera scelta?

La PdC ha rivestito un ruolo fondamentale nella costituzione dei servizi per l’infanzia; oggi deve riposizionarsi nell’attuale contesto sociale, e svolgere un ruolo di sostegno alla costituzione dell’UPD.

La PLS viene indicata come elemento cardine su cui investire in termini di formazione, affinché gli operatori possano ricoprire il nuovo ruolo che si realizza su un piano più organizzativo e culturale e all’interno di una visione più complessiva di salute.

In sintesi, da questa ricerca emerge a più voci il bisogno di un ripensamento complessivo, per rimettere in moto i servizi ma anche la comunità con tutte le sue istituzioni e rappresentanze, verso una nuova modalità di pensiero verso una  trasformazione che riaccenda una nuova azione politica, riconnetta conoscenza e azione di ricerca verso saperi non costituiti. Coinvolgere la comunità in un’azione sociale e politica di ricerca di nuove prassi sociali è l’idea che potrebbe essere lanciata come sfida per un nuovo progetto. Si devono quindi aprire tavoli di lavoro a vari livelli, con i servizi sociali, le istituzioni educative, i Comuni, per favorire un confronto, per dare corpo a sperimentazioni locali nella definizione dei Piani di zona e dei Piani per la salute.

 

Piste operative

Nel corso della ricerca sono emerse le seguenti proposte e raccomandazioni:

  • sostenere con grande energia l’integrazione tra la pediatria di comunità e la pediatria di libera scelta, attraverso la stipula di accordi regionali e aziendali, e un sostegno organizzativo e formativo finalizzato alla costruzione di un’operatività integrata a livello distrettuale;
  • individuare obiettivi strategici di intervento, definire gli ambiti di lavoro e le responsabilità;
  • trasformare il ruolo della Pediatria di comunità da erogatore di prestazioni a facilitatore di processi e promotore di programmi e azioni;
  • sperimentare nuove modalità per l’attività vaccinale, per garantire l’organizzazione, l’esecuzione e il monitoraggio degli interventi. Protagonista di questa innovazione è l’assistente sanitaria;
  • creare legami funzionali tra i vari servizi del sistema sanitario (distrettuali, ospedalieri, ecc.);
  • ripensare l’attività di educazione sanitaria in particolare quella rivolta ai primi anni di vita del bambino, che potrebbe definirsi come counseling alla famiglia, svolta da operatori medici e non medici;
  • creare le condizioni perché i luoghi di erogazione delle prestazioni diventino spazi utili per la condivisione di pratiche e la sperimentazione di nuove modalità di lavoro, e punti di incontro con le famiglie e la comunità;
  • riconsiderare gli interventi con le istituzioni educative per disegnare un intervento di supporto alla scuola, alle famiglie e ai bambini;
  • sviluppare interventi verso le fasce più deboli della popolazione infantile, in particolare  per l’assistenza ai bambini cronici;
  • promuovere forme di confronto tra operatori, servizi, istituzioni e associazioni;
  • fare un grosso investimento formativo a livello regionale per creare figure che supportino una crescita culturale e un rilancio della problematica infantile, che coordinino la costruzione di nuove prassi, la formazione degli operatori, lo sviluppo di progetti interdisciplinari su nuove logiche;
  • promuovere percorsi formativi per le assistenti sanitarie o infermiere professionali, più orientati verso il case management;
  • promuovere a livello aziendale o distrettuale gruppi di auto-apprendimento o comunità di pratica su problematiche specifiche che coinvolgano pediatri di libera scelta, pediatri di comunità e varie professionalità sociali, sanitarie ed educative, allo scopo di approfondire e/o acquisire conoscenze e competenze, costruire processi di lavoro e strumenti flessibili,  sviluppare un pensiero che li aiuti a entrare in contatto con la complessità dei problemi dei bambini e delle loro famiglie.

 

Data di pubblicazione:
01/01/2006
Tipo di pubblicazione:
rapporti, linee guida, documenti tecnici
Scarica la pubblicazione:
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ultima modifica 2019-01-15T13:02:44+01:00
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