Dossier n. 138/2006 - Sana o salva? Adesione e non adesione ai programmi di screening femminili in Emilia-Romagna

Descrizione/Abstract:

STAMPA ESAURITA

 

Il Dossier raccoglie contribuiti, ricerche e riflessioni scaturite all’interno del gruppo di lavoro “Accesso agli screening dei tumori femminili” nell’ambito del progetto ministeriale “Le disuguaglianze. Meccanismi generatori e possibili soluzioni”. Obiettivo della pubblicazione è affrontare il tema della prevenzione del tumore alla mammella e al collo dell’utero e in particolare delle campagne screening; vengono proposti contribuiti che alla riflessione teorica sul tema - anche alla luce delle più recenti tendenze e riflessioni a livello regionale e nazionale - uniscono il commento e l’analisi dei dati di ricerche empiriche condotte con metodologie diverse, e i conseguenti suggerimenti operativi per ridurre le disuguaglianze nell’accesso e aumentare l’equità.

Si cerca inoltre di proporre un approccio al tema delle prevenzione oncologica che valorizzi la contaminazione teorica tra discipline (epidemiologia, sociologia, psicologia, scienze della comunicazione pubblica …), l’integrazione di differenti metodologie e strumenti di analisi (banche dati sanitarie, questionari, interviste, gruppi di lavoro …) e il coinvolgimento diretto di tutti i soggetti interessati (utenti e cittadini, operatori e professionisti sanitari, responsabili dei servizi e decisori-politici).

La parte iniziale della pubblicazione propone due contribuiti che introducono il lettore al tema. Il Capitolo 1 descrive i tre programmi di screening attivi in Emilia-Romagna per la prevenzione del tumore al collo dell’utero, del tumore alla mammella e del tumore al colon retto, evidenziandone i valori ispiratori, le specifiche azioni intraprese e i principali risultati raggiunti, in termini sia di livelli di adesione e risultati di salute che di riflessioni in atto e sviluppi futuri.

  • Il programma di screening per i tumori alla mammella, attivo dal 1998, offre alla popolazione femminile nella fascia di età 50-69 anni (circa 535.000 donne) un esame mammografico a cadenza biennale. Nel corso degli anni la risposta all’invito è stata progressivamente crescente, e attualmente è oltre il 70%; il 61% di un campione statisticamente significativo di 830 donne intervistate in regione ha dichiarato di aver eseguito l’ultima mammografia su invito attivo dell’Azienda USL.
    I tumori al seno sono la causa più importante di mortalità per cancro e la neoplasia più frequente nelle donne. I dati epidemiologici rivelano tuttavia che la mortalità comincia a diminuire anche in Emilia-Romagna (-1,5% l’anno tra il 1995 e il 2002) e che la sopravvivenza relativa a 5 anni migliora sempre più (è ora all’87%).
  • Anch’esso attivo dal 1998, il programma di screening per la diagnosi precoce e la prevenzione dei tumori del collo dell’utero mediante pap test è proposto ogni 3 anni alla fascia di popolazione tra i 25 e i 64 anni, pari ad oltre 1.150.000 donne. L’adesione all’invito raggiunge il 58% ed è tra le più alte registrate dai programmi di screening organizzati attivi in Italia.
    I dati sulla sopravvivenza indicano che in Emilia-Romagna 70 donne con tumore al collo dell’utero su 100 sono vive dopo 5 anni, mentre l’analogo dato nazionale è di 64 donne.
  • Da marzo 2005 è offerto anche il programma di screening per la diagnosi precoce del carcinoma del colon retto, che costituisce un importante problema di salute pubblica: ogni anno compaiono in Italia 37.000 nuovi casi; il rischio di ammalarsi aumenta con l’età, soprattutto a partire dai 50 anni; ogni anno muoiono oltre 17.000 persone di questa malattia.
    In Emilia-Romagna, il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci è proposto ogni 2 anni nella fascia di popolazione tra i 50 e i 69 anni (più di 1.000.000 di uomini e donne).

Il secondo contributo propone una riflessione di taglio sociologico articolata su tre temi: il vigilant lay body, che mette in atto l’auto-cura e l’auto-sorveglianza, con possibili effetti inattesi e perversi; lo sguardo medico e il controllo sociale; le campagne di screening, lo sviluppo delle tecniche diagnostiche e l´aumento del sentimento di insicurezza.

La sezione dedicata alle donne italiane riporta tre ricerche sulla campagna di screening per il tumore al collo dell’utero in Emilia-Romagna, tema su cui si è concentrato il gruppo di lavoro. 

Il Capitolo 3 presenta nel dettaglio uno studio sui comportamenti di salute, il cui obiettivo era individuare le caratteristiche socio-anagrafiche e psicologiche (credenze, paure, percezione del rischio, vulnerabilità percepita ...) delle donne che decidono di sottoporsi al pap test e delle donne che decidono invece di non farlo, cercando di evidenziare il ruolo che possono avere alcuni fattori di natura psico-sociale nell’orientare la scelta delle donne ad accettare o meno l’invito a sottoporsi a screening oncologico. L’indagine ha coinvolto complessivamente 591 donne tra i 25 e i 64 anni, residenti nei territori delle Aziende USL di Ferrara e di Cesena, intervistate tramite questionario. I risultati hanno evidenziato significative e interessanti differenze tra donne che non fanno il pap test (18% del campione), donne aderenti (46%) e donne che fanno il pap test privatamente (36%) rispetto alla maggior parte delle variabili indagate.
Rispetto alle donne che fanno il pap test in strutture pubbliche o private, le donne che non lo fanno hanno un’età significativamente superiore (47,9 anni contro 45 anni), hanno un titolo di studio medio-basso in percentuali superiori, sono pensionate e disoccupate in percentuale leggermente maggiore.
Relativamente all’autopercezione dello stato di salute, la maggior parte delle intervistate (62,9%) dichiara di essere in una condizione buona o molto buona. Le donne che non fanno il pap test dichiarano uno stato di salute molto buono in percentuali maggiori di coloro che lo fanno: sembrano quindi mostrare un livello di ottimismo superiore alle altre.
Emergono interessanti differenze tra i gruppi anche per quanto riguarda i canali informativi utilizzati per reperire notizie sull’esame: la comunicazione scritta tramite giornali/settimanali e materiale divulgativo sembra particolarmente incisiva per le donne che fanno il pap test privatamente o nei servizi pubblici. Le donne che non si sottopongono al test sembrano invece maggiormente sensibili alla comunicazione orale di massa (TV e radio). Le donne che si rivolgono ai servizi pubblici risultano le più sensibili ai consigli sia del personale sanitario (MMG e altri) sia di familiari e amici.
Nella parte finale del capitolo vengono suggerite delle tracce di identikit, coerentemente alle quali vengono avanzate proposte concrete per il miglioramento della campagna di prevenzione per il tumore del collo dell’utero.

Il Capitolo 4 riporta in dettaglio i risultati di uno studio sullo screening del tumore alla cervice uterina nell’Azienda USL di Ferrara, orientato ad evidenziare differenze socio-economiche e territoriali nell’adesione. La ricerca si riferisce al periodo 1 ottobre 1999 - 30 settembre 2002 e coinvolge le donne residenti nella provincia di Ferrara di età compresa tra 25 e 64 anni di età, per un totale di popolazione eligibile pari a 103.971. Le non aderenti allo screening sono state 46.246, pari al 44,48%.
La ricerca si focalizza inizialmente sulle differenze nei comportamenti delle donne tra aree geografiche della provincia (distretti), in particolare per quanto riguarda la zona di Codigoro, territorio con notevole dispersione e fortemente depresso.
Il capitolo approfondisce l’analisi introducendo le diversità rispetto all’età - nelle fasce giovanili (25-34 anni) e in quelle più avanzate (60-64 anni) si hanno i livelli maggiori di non adesione al programma, mentre si registra una partecipazione massima delle età intermedie (40-59 anni), in cui si raggiunge più del 67% di adesione - e al livello culturale - in tutta la provincia, e in particolare nell’area di Codigoro, il genere femminile ha livelli elevati di abbandono scolastico (prima della licenza di scuola media; 1,52% più dei maschi). Si conclude con alcune riflessioni sulle disuguaglianze socio-economiche, sull’importanza del contesto culturale e sulle ipotesi di lavoro futuro.

Il Capitolo 5 presenta i dati di una seconda ricerca effettuata nel territorio dell’Azienda USL di Ferrara tra aprile e luglio 2005, per raccogliere informazioni sull’intenzione di eseguire o meno il pap test presso le strutture pubbliche, sulle motivazioni alla base di questa decisione e sulle caratteristiche socio-anagrafiche delle intervistate. L’indagine si è svolta tramite intervista telefonica e ha coinvolto un campione 1.100 donne residenti, delle quali solo 1.000 hanno accettato di partecipare allo studio. Anche in questo caso emergono alcune differenze tra gruppi di donne. In particolare, la percentuale delle donne con diploma di scuola elementare che hanno dichiarato l’intenzione di rivolgersi alle strutture dell’Azienda USL di Ferrara (22,85%) è risultata circa il doppio rispetto agli altri due gruppi (10,39% si rivolge ad altra struttura; 11,95% non esegue il test); il dato farebbe pensare che su questo gruppo abbiano avuto maggior peso la gratuità dell’esame e l’efficacia dell’informazione.

L’ultima parte del Dossier è dedicata ad approfondire il delicato e cruciale tema “donne straniere e prevenzione”, attraverso i contributi di due Aziende sanitarie. 
Il primo è tratto dal profilo della popolazione immigrata nei comuni del territorio cesenate e presenta i dati di adesione al programma di screening per la prevenzione del tumore al collo dell’utero delle donne straniere, per tipologia di paese (a forte pressione migratoria o sviluppo avanzato) e nazionalità.
Il tasso di adesione (37%) delle straniere provenienti da paesi a forte pressione migratoria residenti è significativamente più basso di quello delle donne italiane (54%). Questa percentuale varia a seconda delle nazioni di provenienza: aderiscono di più le donne provenienti da alcuni Paesi dell’Est Europa (Ucraina, Polonia, Moldavia) e soprattutto da alcuni Paesi sud americani (Argentine e Venezuela) e dal Senegal. 

Il Capitolo 7 riporta un’indagine svolta dal Laboratorio dei cittadini per la salute dell’Azienda USL di Bologna nell’ambito di un progetto di promozione della prevenzione oncologica per approfondire il rapporto tra le popolazioni straniere presenti nel territorio dell’Azienda sanitaria e gli screening.
I dati di adesione delle donne straniere ai programmi di screening per paese di provenienza mostrano alcune differenze rilevanti. Per quanto riguarda lo screening uterino, la percentuale media di adesione è del 40,5%, passando dal 53,4% di adesione della popolazione ucraina al 31,8% delle donne provenienti dallo Sri Lanka. Nel caso dello screening mammografico, l’adesione media della popolazione straniera è stata del 35,6%, con un massimo del 64,4% delle donne filippine e un minino del 20,6% delle donne provenienti da paesi del Centro e del Sud America.
L’indagine ha evidenziato anche tendenze comuni e situazioni relative a specifiche comunità (Est Europa, Africa del Nord, Filippine, altri paesi asiatici e Centro Sud America), rispetto alle quali vengono proposti differenti percorsi di informazione e coinvolgimento, che valorizzano in particolare la comunicazione partecipata e il passaparola.

Il Capitolo 8 riporta i dati di adesione della popolazione italiana e straniera agli screening per il tumore al collo dell’utero, alla mammella e al colon retto della popolazione italiana e straniera residente nel territorio dell’Azienda USL di Reggio Emilia. Si riscontrano interessanti e significative differenze fra italiani e stranieri nell’adesione, e anche tra le diverse nazionalità di provenienza.

 

Data di pubblicazione:
08/11/2006
Tipo di pubblicazione:
rapporti, linee guida, documenti tecnici
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ultima modifica 2019-01-17T17:00:13+01:00
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